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ORENTANO, UN PAESE, UN POPOLO, UNA
CHIESA
di Savino Ruglioni
INTRODUZIONE STORICA
Le origini storiche del paese di
Orentano si perdono nel Medioevo. Senza entrare nel
merito di chi siano stati in assoluto i primi
abitatori del nostro territorio, per i quali resta
la testimonianza di una moltitudine di reperti
archeologici conservati nel nostro museo paesano, ci
occuperemo invece di quelle popolazioni che diedero
vita al primo abitato, o meglio dell'insediamento
storico inteso come prima aggregazione significativa
di abitazioni, successivamente trasformato in centro
fortificato.
Dopo la caduta dell'impero romano
e per tutto l'Alto Medioevo vi furono sporadiche
frequentazioni umane nella zona della Cerbaia, anche
se in forma molto sparsa; almeno così si puo'
ipotizzare constatata la mancanza di reperti
archeologici riferibili a quel periodo. Con la fine
delle invasioni barbariche le campagne toscane
tornano a popolarsi e con la diffusione del
cristianesimo sorsero le prime pievi, unica forma di
aggregazione sociale presente in contesti non
urbani.
Tutta la nostra zona, dalla
Valdinievole al Valdarno inferiore, comprese ampie
zone della Valdera, ricadevano allora sotto
l'influenza politica e religiosa della città di
Lucca.
I primi abitatori di Orentano,
probabilmente stanziati già dal VII-VIII secolo
lungo le sponde dell'antico lago di Sesto, vivevano
in capanne isolate, fatte di legno e paglia, traendo
sostentamento dalla pesca e della pastorizia.
In una fase successiva si
verificò l'aggregazione delle dimore sparse in
villaggio, probabilmente non lontano da un
porticciolo di barche. Come luogo più adatto alla
formazione di questo nucleo abitato fu scelto quello
dove si trova la nostra chiesa parrocchiale,
principalmente per ragioni strategiche, essendo un
promontorio naturale proteso per tre lati sul lago
di Sesto, con una scarpata naturale a forma di ferro
di cavallo, sottolineata dall'antico fossato (o
"carbonaia"), ben visibile ancora oggi nelle foto
aeree.
La prima notizia storica in
assoluto nella quale compare il nome di "Orentano"
risale all'anno 848, allorchè i suoi abitanti, forse
per tutelarsi contro le mire di vari potentati
lucchesi in lotta fra loro, si posero sotto la
giurisdizione dell'Abbazia di Sesto, una potente
signoria feudale che aveva notevole influenza
politica ed economica su tutto il lago e i suoi
dintorni; in questo modo poterono così continuare ad
esercitare la pesca forti della protezione
dell'Abate. Nei secoli successivi il problema
principale degli orentanesi sarà invece quello di
affrancarsi dal legame stretto con l'abbazia e dalle
vessazioni con cui annualmente l'abate li gravava,
pretendendo da essi il pagamento di una cospicua
rendita in cambio del diritto di pesca nel lago.
Antichi documenti parlano di un
castello situato sul poggio che si ergeva sulle
sponde del lago; era stato costruito per difendere i
suoi abitanti dalle incursioni di bande armate
quando il nostro territorio era spesso luogo di
scontri fra le città di Lucca, Pisa e Firenze. La
sua costruzione dovrebbe risalire all'inizio del
XIII secolo, al tempo in cui Orentano apparteneva
ancora al territorio di Lucca; in questi documenti
si parla di una cinta di mura con due porte, una
rivolta verso il lago e l'altra verso le Cerbaie, e
poi di edifici stabili al suo interno, con una fossa
che partiva da sotto alle mura e, attraversando la
zona palustre, raggiungeva così il lago aperto.
Più che un castello, come siamo
abituati a pensarlo oggi secondo un'iconografia
standardizzata, con torri e merlature, doveva
trattarsi più_ semplicemente di un piccolissimo
centro fortificato al cui interno si trovavano delle
abitazioni e una chiesa. In caso di pericolo, di
fugaci scorrerie di uomini armati, gli abitanti del
villaggio prontamente vi si rifugiavano.
Probabilmente, come è avvenuto per altri vicini
luoghi fortificati, all'inizio la cinta doveva
consistere in una palizzata in legno, che fu poi
gradualmente sostituita con solida muratura. Non si
hanno notizie storiche di prolungati assedi od
espugnazioni di questo castello.
La chiesa di Orentano, certamente
preesistente alla cinta muraria, è citata per la
prima volta nell'anno 1065, in un atto di donazione
in favore della Pievania di S. Maria a Monte; in
esso viene nominata, fra le altre località, anche la
chiesa di S. Giovanni di Orentano.
La "cappellam de Urentano" viene
rammentata poi nella bolla del Papa Eugenio III,
inviata nel 1150 a Gottifredo, pievano di S.Maria a
Monte, con la quale si elencano le chiese e gli
oratori soggetti a quella Pieve. Per tutto il secolo
XIII abbiamo notizie, in verità molto sparse, di una
certa popolazione insediata a Orentano, che è stata
stimata con sufficiente approssimazione intorno ai
cento abitanti. Nel frattempo stavano sorgendo nel Valdarno nuove comunità locali, come i borghi
fortificati di Castelfranco e Santa Croce, che
assieme a Fucecchio cominciarono ad estendere la
loro influenza nel territorio boscato delle Cerbaie.
Orentano, che non aveva ancora del tutto risolto
l'annoso conflitto con l'Abbazia di Sesto, per non
trovarsi al centro di nuove contese fra i suddetti
comuni, decise nel 1279 di assoggettarsi al Comune
di Fucecchio, così come fecero poi gli altri centri
di Cappiano, Galleno, Massarella e la Torre.
Il villaggio mantenne però una
certa autonomia, barcamenandosi tra un'autorità in
decadenza, l'Abbazia, verso la quale rimase una
dipendenza per lo più_ formale ed ecclesiastica, e
un'autorità in fase emergente, Fucecchio, che
offriva un'adeguata copertura politica. Entrambe
garantirono comunque il diritto degli orentanesi a
un governo locale, cosa che essi ampiamente non
mancarono di esercitare, così come attestato in un
documento del 1288 dove si parla di un consiglio
comunale tenuto all'interno della chiesa di San
Giovanni per decidere di fatti inerenti le
fortificazioni del proprio castello, o della nomina
di un sindaco da inviare come loro rappresentante a
Fucecchio.
Nel 1325 gli orentanesi si dettero un regolamento
che disciplinava i boschi della comunità. Agli
ordini di Vanni di Nuccio, vicario del Castrum
di Orentano, si riunì il consiglio e parlamento del
Comune di Orentano nella chiesa di S.Giovanni; venne
deliberato di conservare una vasta zona boscata di
Orentano detta "Tosce e Vaseri" vietando per
un periodo di dieci anni il taglio degli alberi,
l'incendio e il danneggiamento del bosco. Furono
previste sanzioni per i trasgressori. Il bosco in
oggetto, di proprietà in parte comunale, in parte di
privati, era compreso tra la valle di Porto fino al
campo di Nucco di Franco al Prunello fino a
Reticiano, e lungo la valle de' Burdelli fino al
fosso e bosco di Simoneta, lungo una linea retta,
lungo la strada che attraversava la valle di Castellare fino alla fossa di Staffoli. Nel
documento seguono i nomi dei partecipanti, circa una
sessantina di orentanesi presenti, probabilmente i
capi famiglia. Da questo dato è possibile
estrapolare con una semplice formula la popolazione
insediata, che esclusi i forestieri, poteva
assommarsi in circa 300 persone, con un evidente
incremento rispetto al secolo precedente.
Il desiderio di autonomia degli orentanesi però,
alla lunga, finì col renderli servi di due padroni:
ancora nel 1303 pagavano una consistente rendita
annuale all'abate di Sesto. Addirittura nel 1308
furono scomunicati dopo che prete Bartolomeo,
rettore della chiesa di S.Ambrogio di Massa Pisana,
e Omoddeo del fu Iacopino della contrada di
S. Benedetto in Palazzo, procuratori dell'Abbazia di
S. Salvatore di Sesto, querelarono la Comunità e
uomini di Orentano a causa del corpo del defunto Meo
del fu Giovanni di Orentano, che doveva essere
sepolto presso l'Abbazia e non vi fù portato,
omettendo in tal modo di pagare il corrispettivo
dovuto.
Negli anni seguenti fioccarono le cause a Lucca
contro orentanesi accusati di morosità nei confronti
dell'Abbazia, accuse da essi respinte adducendo
spesso a motivo della mancata corresponsione il
fatto di non essere più_ residenti a Orentano da
molti anni.
Nel frattempo, intorno al 1329, al termine di una
lunga guerra con Lucca, Firenze ottenne il controllo
politico dei principali centri della Valdinievole e
del Valdarno. Orentano seguì le sorti di Fucecchio,
che con Santa Croce e Castelfranco si sottomise a
Firenze nel dicembre del 1330, sancendo così il
passaggio definitivo dallo stato lucchese a quello
fiorentino.
A causa delle devastazioni di questa guerra,
delle carestie e delle frequenti pestilenze, verso
la metà del Trecento si verificò in tutta la Toscana
una profonda crisi economica e demografica. In
concomitanza di questi eventi sfavorevoli, sommati
alle continue vessazioni da parte dell'Abate di
Sesto, la popolazione di Orentano gradualmente si
assottigliò fin quasi a scomparire del tutto, cosa
che senz'altro si verificò verso la fine del secolo.
Mancando una stabile popolazione insediata la chiesa
e il villaggio furono così condannati a un declino
inarrestabile.
Ma il castello andò in rovina anche a causa del
mutato quadro politico, in conseguenza del quale
Orentano cessò di rappresentare un importante
avamposto strategico lucchese in funzione
anti-fiorentina, ruolo che aveva ricoperto per
almeno un paio di secoli. Con il passaggio sotto
Firenze e con la fine delle guerre non vi furono più_
valide ragioni per tenere in efficienza una
fortificazione che aveva perso ormai la sua ragione
di essere.
Stessa sorte subirono anche i villaggi di
Staffoli e del Galleno, che rimasero spopolati;
questi tre paesi divennero così la zona su cui si
indirizzarono sempre più_ i progetti di espansione
territoriale degli emergenti comuni di Castelfranco
e Santa Croce, che poco alla volta cominciarono a
ritagliarsi un loro spazio di pertinenza in Cerbaia,
a danno soprattutto di Fucecchio e Santa Maria a
Monte. Il motivo era principalmente economico: i
comuni vedevano infatti nei boschi e nelle terre
incolte una grande risorsa, che cominciarono a
sfruttare mediante la riscossione dei diritti di
legnatico e di pascolo. A causa di questa politica
di conquista insorsero presto conflitti fra i
suddetti comuni.
Nel 1418, dopo una lunga contesa per il possesso
delle Cerbaie, che aveva visto litigare i tre comuni
di Fucecchio, Castelfranco e Santa Croce, venne
finalmente raggiunto un accordo. Il Podestà di
Firenze, eletto a giudice di compromesso dai sindaci
di Fucecchio da una parte, e S. Croce e Castelfranco
dall'altra, emise un lodo col quale assegnò alle tre
comunità la loro porzione di Cerbaia; furono così
tracciati i confini che in linea di massima
coincidono con quelli odierni.
Venne assegnata a Fucecchio la parte orientale
della Cerbaia, mentre la parte occidentale,
comprendente i territori di Orentano, Staffoli e
parte di Galleno, fu assegnata indivisa ai due
comuni di S.Croce e Castelfranco, che la gestiranno
congiuntamente per ben 139 anni, rimandando ad un
secondo tempo la divisione tra loro con confini
precisi.
I due comuni avviarono assieme una politica di
sfruttamento della loro Cerbaia mediante
l'allogagione del diritto di pascolo, incassando dai
pastori, all'inizio transumanti ma in seguito anche
stanziali, gli affitti annuali che costituivano
un'entrata non trascurabile per le casse comunali.
Frattanto, a causa di eventi economici favorevoli
con prolungati periodi di pace, a partire dalla
seconda metà del Quattrocento cominciò a verificarsi
un'inversione di tendenza del trend
demografico.
Nel 1464 venne concessa licenza per la
costruzione di "... una casa overo capanna per
vendere vino et pane et habitare..." in località
Greppi vicino al Galleno, lungo la via Romana,
allora importante arteria di comunicazione tra il
nord e il centro Italia. L'osteria di Greppi sarà il
primo esercizio pubblico in Cerbaia, pensato come
servizio per i viandanti, ma rivolto anche ad una
popolazione sparsa che stava gradualmente
insediandosi sul territorio. La conduzione
dell'osteria fu allogata per primo a Cristiano di
Cecco da S. Croce, capostipite della famiglia che a
Orentano assumerà poi il cognome Cristiani, il quale
vinse l'asta di appalto indetta dai comuni.
Ai primi del Cinquecento iniziano in Cerbaia
regolari affitti di poderi, e subito si denota un
cambio di strategia da parte dei due comuni, che
cominciarono a privilegiare la conduzione agricola
nei confronti della pastorizia, in quanto non solo
più_ remunerativa per le casse dell'erario, ma
destinata a garantire meglio la continuità dei
pagamenti. Questa politica porterà alla formazione
di insediamenti stabili sul territorio, con
abitazioni destinate a durare nel tempo, invece di
capanne stagionali tipiche di una popolazione
transumante e nomade.
Viene perfezionato anche l'accordo tra il Comune
e i conduttori mediante l'assegnazione dei poderi
con il contratto di livello, una sorta di affitto a
scadenza prefissata, in seguito stipulato a linea
mascolina, a volte in terza generazione, a volte in
perpetuo. Questo tipo di contratto legava
maggiormente il conduttore al fondo coltivato,
invogliandolo ad apportare continuamente dei
miglioramenti, sia ai coltivi che ai fabbricati.
Nel 1538 le due Comunità di Castelfranco e Santa
Croce disciplinarono ulteriormente la conduzione dei
poderi e le pratiche agro-pastorali mediante la
formulazione di un apposito regolamento che andava
sotto il nome di"Statuti dei Poderi di Cerbaia"
. In pratica i Comuni, pressati da continue
richieste di terre da appoderare, pensarono di
individuare le nuove aree coltivabili in Cerbaia.
Per prima cosa decisero di ristrutturare le
primitive unità agricole già esistenti,
organizzandole in unità poderali ben identificate,
con estensione massima 300 staiora (circa 15
ettari), e poi di crearne di nuove nei luoghi
ritenuti più_ adatti, procedendo così a un graduale
disboscamento.
Questo processo di colonizzazione, con lo
spostamento di interi nuclei familiari in zone
estremamente marginali del territorio, incolte e
spopolate, ci fa venire in mente i pionieri della
nuova frontiera americana della prima metà
dell'Ottocento, così come ci sono stati
rappresentati dalla cinematografia d'oltreoceano.
Nel giro di una cinquantina di anni il territorio
di Orentano andò disseminandosi di nuove case, tutte
rigorosamente posizionate al centro dei loro poderi
di appartenenza, nuclei primordiali delle corti che
oggi caratterizzano così bene il nostro paese.
Ovviamente il fatto che da noi non sia esistito un
centro storico al pari degli altri paesi vicini,
come Altopascio, Montecarlo, Bientina, Castelfranco,
Santa Croce, bensì un centro sviluppatosi solo nel
secolo scorso lungo il principale tracciato
stradale, èdovuto al fatto che da noi l'evoluzione
dell'insediamento in età rinascimentale è avvenuta
non sulla preesistenza di un sito castellano o
all'interno di una cerchia muraria, ma piuttosto in
forma sparsa e diacronica, legata a un progetto di
riorganizzazione agricola del territorio che ha
trascurato completamente le strutture medievali
preesistenti.
IL RESTAURO DELLA CHIESA MEDIEVALE
Ad abitare queste case costruite sui poderi fu
una popolazione eterogenea, solo in parte di origine
castelfranchese e santacrocese; alcuni venivano da
Montecarlo, altri venivano da Vellano e dalla
montagna pistoiese, in genere pastori passati poi
all'agricoltura, altri ancora dal porcarese, dalla
Lucchesia e dalla Garfagnana. Verso il 1550 si era
già insediata a Orentano una numerosa popolazione.
Questa gente cominciò ad avanzare domanda ai due
comuni affinchè realizzassero al più_ presto un luogo
di culto, con un sacerdote che dispensasse loro i
Sacramenti. Si pensò subito alla vecchia chiesa del
castello, abbandonata da almeno due secoli.
Le ultime notizie di essa, infatti, risalivano
alla metà del Trecento, dopo di che, spariti gli
abitanti, nessuno si era più_ preoccupato della sua
manutenzione. Dell'intero complesso castellano era
rimasto un mucchio di rovine, così come appare in
una mappa del lago di Sesto della prima metà del
Cinquecento, con la dicitura "Orentano disfatto"
, nella quale si vedono i resti sbrecciati delle
mura con le due porte. La chiesa però non si vede,
evidentemente perchè era all'interno delle mura.
Per tutto il Quattrocento i vescovi di Lucca
effettuarono frequenti visite pastorali in Valdarno,
lasciando interessanti testimonianze sulle varie
chiese via via toccate; fra queste non compare mai
di quella di Orentano. Di certo la sua situazione
doveva essere simile quella di Staffoli, che nel
1466 fu trovata dal Vescovo in rovina e senza un
prete.
La prima notizia che abbiamo in età moderna è del
1510, allorchè i comuni allogano il podere del
castello a un poderano, facendogli però divieto di
sottrarre i materiali edilizi presenti sul posto,
che secondo le loro intenzioni dovevano servire per
la ricostruzione della chiesa. Questa, seppure
danneggiata e con il tetto crollato, doveva
conservare ancora intatta la vecchia struttura
muraria, tanto è vero che nel 1538 si pensò di
ricostruirne la copertura; per l'occasione
Castelfranco e Santa Croce avevano deciso di
assegnarle in dote un podere, di modo che il prete
che vi sarebbe venuto ad abitare si sarebbe sentito
incoraggiato a restaurarla e a riportarla in piena
efficienza.
Non ci risulta però che negli anni successivi
siano stati eseguiti interventi di recupero. Di
certo sappiamo che nel 1566 la chiesa ancora non era
stata riparata, nonostante i buoni propositi dei due
Comuni, che si erano ripetutamente impegnati a
garantire ulteriori fondi e donazioni di terre, i
cui proventi avrebbero dovuto essere destinati alla
sua ricostruzione e al mantenimento del curato.
Infatti in quello stesso anno il vescovo di
Lucca, in una lettera indirizzata agli uomini del
consiglio di Santa Croce in merito alla
ricostruzione della chiesa di Orentano, si rammarica
del fatto che, nonostante le continue richieste
della popolazione, i due Comuni non avessero ancora
deliberato niente in proposito, causa il mancato
accordo tra loro.
Finalmente i restauri iniziarono; di fatti nel
1568 i Comuni approvarono un bilancio di spesa di
210 lire con la quale fu pagato un primo lotto di
lavori. Addirittura nel 1576 Castelfranco impose una
nuova tassa per far fronte alle spese per la chiesa
di Orentano. Dieci anni dopo, nel 1578, i lavori
dovevano essere giunti alle rifiniture, visto che
viene fatto un pagamento per ferramenta e per opere
di falegnameria. L'anno seguente, poi, si comincia a
mettere mano anche alla canonica.
Frattanto, nel 1575, il prete Giovan Battista
Duranti, canonico della chiesa di Santa Croce, era
stato nominato economo della chiesa di Orentano con
l'incarico di gestirne le rendite e di riaprirla al
culto. Nell'atto di nomina redatto da Felice
Ambrosini, vicario del Vescovo di Lucca, si
raccomanda all'economo di recuperare i proventi dei
poderi che erano stati concessi in dotazione alla
chiesa, che a suo dire risultavano trascurati e
lasciati in abbandono. Si fa riferimento anche alla
chiesa, e sappiamo che nel frattempo era stata
intitolata a san Lorenzo martire, ma che ancora non
era stata riparata, tanto è vero che viene descritta
"solo aequata" , ovvero quasi pareggiata al
suolo. Evidentemente, o il vicario faceva uso di
un'espressione esagerata per sottolineare in
generale il cattivo stato dei beni della chiesa, o
si basava su informazioni un po' datate, non essendo
al corrente dell'avvenuto inizio dei lavori di
restauro. La cosa è controversa, infatti se per gli
uomini del comune si trattava solo di rifare la
copertura, secondo il vicario bisognava anche
ritirare su i muri.
Una cosa però è certa: pur rovinati e forse in
alcune sue parti rasi al suolo, i muri perimetrali
dell'antica chiesa esistevano ancora.
Bene o male, nel giro di qualche anno alla fine
il restauro della chiesa fù portato a compimento; si
trattava ora di chiedere l'istituzione della
parrocchia, cosa che i due Comuni fecero, inoltrando
al Vescovo di Lucca la domanda ufficiale.
Come primo passo, nel 1580, la chiesa fù dotata
del beneficio del fonte battesimale, che venne
concesso soprattutto in ragione della grande
distanza che gli orentanesi dovevano percorrere per
raggiungere la più_ vicina pieve (Montecarlo, Santa
Croce, Castelfranco o Santa Maria a Monte).
Ora dunque necessitava la presenza di un prete
incaricato, residente in pianta stabile sul posto,
visto che da un pezzo l'economo Duranti non compare
più_ nelle faccende orentanesi.
Nell'ottobre di quello stesso anno Orentano
ricevette la visita pastorale del vescovo di Lucca
mons. Alessandro Guidiccioni il giovane, in giro per
il Valdarno, il quale nella sua relazione fece un
elenco di cose di cui la chiesa doveva
necessariamente dotarsi per poter ottenere
l'istituzione della parrocchia. Dalla lista si
capisce che mancavano prevalentemente gli elementi
dell'arredo sacro.
L'anno seguente, al termine di una laboriosa
trattativa che vide impegnata la curia lucchese da
una parte e i due Comuni dall'altra, soprattutto
riguardo agli obblighi spettanti a Castelfranco e
Santa Croce, il Vescovo decretò l'istituzione della
parrocchia di San Lorenzo Martire in Orentano,
affidando ai due Comuni il patronato della chiesa e
nominando come primo rettore il reverendo prete
Bartolomeo di Giovanni Sani da Santa Croce. Era il
13 gennaio 1581.
SULLE TRACCE DELLA VECCHIA CHIESA
La chiesa medievale, restaurata e ricoperta alla
fine del Cinquecento, sebbene accresciuta in un
secondo tempo di edifici accessori addossati ad
essa, si mantenne invariata fino al 1838, dopo di
che iniziarono i lavori di demolizione per far posto
alla chiesa attuale, di gran lunga più_ grande e
maestosa della precedente. Della struttura edilizia
preesistente furono mantenuti i fabbricati
accessori, vale a dire le stanze della Compagnia,
l'abitazione del cappellano e la sacrestia, che
tutt'oggi rappresentano la parte più_ antica
dell'intero complesso.
Per mezzo dei documenti di archivio cerchiamo di
renderci conto di come si presentasse e quale
consistenza avesse la vecchia chiesa. Diciamo che
come lunghezza era circa la metà e come superficie
era un quarto di quella attuale; anche in elevato
era molto più_ bassa.
Di essa è rimasta una vaga descrizione che ne
fece nel 1745 lo studioso fiorentino Felice
Valentino Mannucci, nobile decaduto con incarichi di
podestà in vari centri del granducato, che secondo
la moda del tempo, comune a certi eruditi
fiorentini, lasciò un manoscritto con la descrizione
dei principali beni storici e artistici di
Castelfranco, Santa Maria a Monte e dintorni, che
aveva in precedenza visitato: "... Orentano
anticamente era Castello, ed ancora al presente si
vedono le vestigia del fosso Castellano, al presente
non vi è che la Pieve, la quale è situata vicino al
padule di Bientina, la chiesa è di struttura di
quella antichità, volta col suo Altare Maggiore ad
Oriente, e la sua Porta principale l'Occidente
riguarda, la grandezza della quale sarà braccia 30
di lunghezza e 14 di larghezza, oltre all'Altar
Maggiore, il quale ha una Tavola in tela
rappresentante San Lorenzo, San Pietro e Santa
Cristina, altri due altari laterali vi sono uno a
destra mano dedicato alla Santissima Vergine del
Rosario e l'altro a sinistra a San Antonio da
Padova, ambedue con adornamento di Legno Dipinto, in
questa medesima Chiesa vi è il Sacro Fonte. Il
Padronato di questa suddetta Chiesa una volta si
appartenne alla Comunità di Castel Franco e una
volta alla Comunità di Santa Croce come appare per istrumento rogato Ser Filippo Papini sotto dì 10
settembre 1670.".
Per quanto riguarda la canonica, non sappiamo con
certezza in quale periodo sia stata realizzata e se
ciò sia avvenuto sulle preesistenze di antichi
muramenti castellani; queste informazioni ci
potrebbero venire in futuro a seguito di interventi
edilizi preceduti da scavi di natura archeologica.
Una delle prime notizie che riguardano l'edificio
canonicale è del 1617, quando venne fatto uno
stanziamento per il suo restauro, allorchè "...
sendo necessario far accomodare la casa della lor
Chiesa di Orentano, insieme con la Comunità di S. Croce ... " il Gonfaloniere e i Consiglieri
del Comune di Castelfranco "... deliberorno per
la parte loro concorrere alla spesa sino in scudi 10
..." . Due anni dopo, nel 1619 gli uomini del
Comune autorizzarono Piero di Simone Duranti,
poderano in Orentano a "... tagliare 4 querce nei
sua beni per fare 4 trave per servitio della
fabbrica et muraglia della casa della chiesa
d'Orentano et condurle con bestie et lavorarle, et
farle lavorare a sua operai ..." .
Non è dato di sapere, però, se la canonica a quel
tempo aveva sede negli edifici addossati alla
chiesa, oppure se si trovasse già dov'è ora, in
posizione separata da essa. Di certo sappiamo che
gran parte dei fabbricati costituenti l'attuale
canonica esisteva già attorno al 1820-1829, visto
che sono riportati nella mappa del catasto leopoldino, le cui rilevazioni furono effettuate
proprio in quel periodo. In una mappa successiva,
datata all'anno 1844, che trovasi allegata al
progetto per la costruzione della strada nel tratto
che va dalla chiesa fino alle sponde del lago, si
vedono la chiesa, la canonica, l'orto del parroco,
la dogana granducale (istituita nel 1839) e il nuovo
cimitero, posto in posizione piuttosto decentrata.
Nel 1784 Il reverendo Carlo Gerini, pievano di
Orentano, scrive una lettera al Vescovo di San
Miniato dove fa presente la necessità di operare
alcuni lavori di restauro alla chiesa e alla
canonica: "L'estrema necessità che ha la canonica
di essere resarcita e resa abitabile, mentre il dì
presente sembra un romitorio, o sivvero una spelonca
incapace di ricevere niuno galantuomo. .... Le
stanze sopra la Compagnia annessa alla chiesa, con
una nuova [stanza] dai fondamenti, fatte per
uso dell'attuale cappellano, che fino ad ora gli è
convenuto stare a pigione in una casa di un
contadino a proprie sue spese, mentre il medesimo
cappellano a cagione della vastità della cura, è
necessario che sempre dimori qui. ... che sia
restaurato l'oriolo per poter regolare le funzioni
[al] quale fino ad ora pensava la vecchia
Compagnia ... la vasca per il battesimo che è di
pietra ... l'adornamento che ha la SS. Vergine del
Rosario per havervi questo popolo una grande
divozione.".
Ulteriori informazioni molto più_ significative ci
vengono dagli elaborati allegati a una perizia per
la ricostruzione della chiesa, redatta nel 1834
dall'ingegnere del Circondario per i comuni di Fucecchio e Santa Croce, probabilmente una fra le
tante che furono approntate per l'occasione.
Dall'osservazione delle tavole si deduce che erano
state previste due soluzioni di progetto,
leggermente dissimili tra loro non tanto nelle
proporzioni, quanto nelle soluzioni architettoniche.
Di fatto l'intervento poi realizzato è risultato
quasi in tutto diverso da entrambe le previsioni
progettuali, specialmente per quanto riguarda la
lunghezza della chiesa.
Interessante, però, è la rappresentazione grafica
del progetto, con in pianta la sovrapposizione dello
stato attuale allo stato futuro, realizzato con
colori diversi: in particolare risultano evidenziate
in giallo le murature esistenti per le quali era
prevista di demolizione, in grigio quelle da
mantenere, in rosa i muri da costruire.
Da queste piante ricaviamo facilmente l'effettiva
consistenza della vecchia chiesa, con le sue precise
dimensioni. Vediamo subito che la navata misurava
circa metri 17 x 7 e in questo spazio avvenivano nel
XIII secolo le adunanze del consiglio comunale.
Dietro l'altare è visibile la sacrestia e dietro
ancora il basamento del campanile. Sul lato sud
della chiesa si trovavano i locali della Compagnia
(oggi adattati a sacrestia, centrale termica e sala
parrocchiale) e infine la cappellania; quest'ultima,
pericolante e fin troppo protesa verso la strada, fu
demolita verso la metà del secolo scorso. Di essa
rimane testimonianza in una foto dei primi del
Novecento e sulla mappa di impianto del nuovo
catasto terreni .
In fondo di chiesa c'era il fonte battesimale;
all'esterno, adiacente alla chiesa sul lato nord, si
vede il muro del vecchio cimitero, allora già dismesso da una cinquantina d'anni, il cui perimetro
ricadrebbe oggi quasi tutto all'interno della nuova
chiesa.
Questo cimitero esisteva già dalle origini della
parrocchia; infatti il vescovo di Lucca, nella vista
pastorale del 1580 raccomanda di recintarlo con un
muro, soprattutto per impedire l'entrata di animali
selvatici che potevano fare scempio dei cadaveri
sepolti. Di esso abbiamo notizia nuovamente nel
1588, e sappiamo che vi venivano seppelliti i non
confratelli di Orentano, cioè coloro che non
appartenevano ad alcuna Compagnia, e a pagamento i
forestieri. Gli altri venivano inumati in chiesa.
Nel Seicento e per tutta la prima metà del
Settecento furono fatte diverse sepolture sotto al
pavimento della chiesa. Nel 1750 il pievano Bartoletti fu sepolto "appiè della Cappella di
S.Antonio da Padova". Nel 1762 vi fu sepolto il
cappellano Anton Lorenzo Cristiani, e l'anno
successivo il Pievano Masini. Non si trattava solo
di ecclesiastici, come è in uso ancora oggi nelle
cattedrali con i vescovi e gli alti prelati, ma di
gente comune, specialmente se appartenevano alle
varie confraternite religiose esistenti in quel
tempo a Orentano.
I confratelli della Compagnia del SS. Corpo di
Cristo e i loro stretti congiunti, alla loro morte,
venivano sepolti nell'avello della Compagnia, che si
trovava all'interno della chiesa. Anche i non
confratelli vi potevano essere inumati pagando una
certa quota.
Dal mese di settembre 1657 si ha notizia di
inumazioni "nella sepoltura delle Anime del
Purgatorio nella pieve di Orentano" che si
trovava "vicina all'uscio" della chiesa
(1682). Si trattava di certo di una nuova compagnia,
che aveva una cripta esclusiva. Sappiamo poi di
sepolture ai piedi dell'altare del SS. Rosario
(periodo 1625-1664) e di "sepolture della
Madonna" (dal 1661) forse davanti alla cappella
a lei dedicata.
Il 17 dicembre 1666 viene seppellita Giulia di
Bastiano Buoncristiani: ".... fu sepellita in
chiesa e si fece una fossa e si sfondò il pavimento
di ordine di Monsignore Vicario ..." ; infatti
era necessario l'ordine del Vescovo per aprire il
pavimento del luogo sacro. Il 9 novembre 1668 si
parla della sepoltura della Compagnia del Nome di
Gesù_. E poi ancora nel 1670 viene seppellito un
bambino "... nella sepoltura vicina allo altare
di Compagnia".
Possiamo immaginarci il pavimento della vecchia
chiesa costellato da un gran numero di lapidi in
marmo. Quando c'era un funerale il morto veniva
avvolto in un sacco di tela, portato in chiesa con
una barella e poi coperto con una cassa nera, che
era la stessa per tutti, priva di fondo, e serviva
solo per la cerimonia. Dopo di che, sollevata la
lapide incastonata nel pavimento, i becchini
calavano una scala giù_ nella cripta, scendevano a
loro volta e si facevano posto; calavano poi la
salma e la sistemavano in qualche modo. Finita
l'operazione, la cripta veniva richiusa. La cosa era
del tutto normale per quei tempi.
Accadeva spesso, però, specie nel periodo estivo,
che per il gran caldo, la mancanza di ventilazione e
la non perfetta tenuta dei tombini, si avvertisse in
chiesa l'insopportabile fetore dei cadaveri.
Le sepolture nelle chiese della Toscana cessarono
finalmente, quando, per ragioni sanitarie, il 2
gennaio del 1777 fu emanata una legge dal granduca
Pietro Leopoldo che vietava questa pratica così poco
igienica, obbligando a seppellire le salme in
cimiteri extraurbani. Risale evidentemente a quegli
anni la costruzione del nuovo cimitero, distante
dalla chiesa un centinaio di metri, e oggi non più_
esistente. Infatti fu dismesso nell'anno 1885 e
trasferito nella sua sede attuale; al suo posto si
trova oggi un grazioso giardinetto con un grosso
cippo in muratura e una croce in ferro.
Se, come è probabile, prima o poi dovrà essere
rifatta la pavimentazione della nostra chiesa, visto
che in certi punti presenta evidenti avvallamenti
per mancanza di massetto, vogliamo sperare che quel
giorno non ci faremo sfuggire l'occasione per
esplorarne il sottosuolo. Di certo la rimozione
delle mattonelle di marmo potrebbe riservarci
scoperte davvero interessanti e darci ulteriori
informazioni di carattere archeologico. Non si
tratterebbe solo di riportare alla luce i resti
delle antiche sepolture, bensì potrebbero emergere
tracce di più_ antiche costruzioni e reperti di
grande valore documentario, in un sito che vanta
ormai almeno dodici secoli di storia.
Di fatti, se osserviamo attentamente la piantina
della vecchia chiesa, ci accorgiamo che quelle che
nel Settecento vengono descritte dal Mannucci come
due cappelle laterali, con altari dedicati l'uno
alla Santissima Vergine del Rosario e l'altro a San
Antonio da Padova, potevano essere rispettivamente
l'entrata e l'abside di una chiesina ancora più_
antica, magari risalente alle primissime fasi
dell'insediamento storico, forse antecedente al XII
secolo.
Probabilmente la sua costruzione era avvenuta in
subordine al sistema abitativo e difensivo, infatti
risulta stranamente orientata nel verso sud-nord,
anzichè nel verso ovest-est. Le dimensioni della
navata, circa otto metri di lunghezza per tre di
larghezza, non potevano certo permettere lo
svolgimento di grandi assemblee e delle riunioni del
consiglio comunale di Orentano, che nel 1325 vide la
presenza all'interno della chiesa di ben sessanta
persone.
E' evidente che questa chiesa a un certo punto si
rivelò inadeguata per una popolazione che era
cresciuta di numero. Si rese quindi necessario anche
allora operare un ampliamento. L'intervento,
realizzato presumibilmente nel XIII secolo, in
concomitanza con un periodo di espansione
demografica, consistette allora nel realizzare una
navata più_ grande posizionata ortogonalmente a
quella preesistente, secondo un sistema che era
abbastanza frequente in questi casi; fu demolito il
corpo centrale, ma vennero mantenuti i lembi della
vecchia chiesa che furono così adattati come
cappelle laterali. L'orientamento divenne allora,
com'era consuetudine per i luoghi di culto, quello
ovest-est. Di questa prima chiesa dovrebbe essere
sopravvissuto oggi a due rifacimenti solo un tratto
di muro: quello che divide la sacrestia dal vano
scala che porta in sala parrocchiale; però l'ipotesi
non è facilmente riscontrabile perchè questo muro è
coperto da intonaco.
L'INTERVENTO DI AMPLIAMENTO DELLA
CHIESA DEL 1838-1854
Nei primi decenni dell'Ottocento,
passato il periodo burrascoso delle guerre
napoleoniche, con la Restaurazione e un ritrovato
periodo di pace si registra a Orentano una nuova
impennata demografica, come del resto in tutta la
Toscana. La cosa è facilmente riscontrabile sui
registri dell'archivio parrocchiale, unica fonte
disponibile, dal momento che i dati riportati dal Repetti risultano spesso discordanti, anche a causa
della divisione del paese in due comuni.
Se nel 1750 e nel 1780 la media
dei battezzati di Orentano, calcolata in un arco
decennale, era rispettivamente di 30 e 33 atti
all'anno, nel 1800 era salita a 43 e nel 1820 a 56
atti all'anno. La media decennale nel 1830 si portò
a 69 battezzati all'anno. Nel 1830, poi, fu redatto
il primo stato d'anime della parrocchia e il pievano
Lorenzo Venturini Guerrini accertò una popolazione
complessiva di 1504 persone che diventeranno in
numero di 1688 nel 1840 e 1731 nel 1851.
E' evidente da questi dati come
già alla fine degli anni Trenta dell'Ottocento
l'incremento della popolazione paesana avesse finito
col far apparire inadeguate le dimensioni della
chiesa parrocchiale.
Queste considerazioni sono ben
espresse anche nella relazione della perizia, di cui
abbiamo già detto, fatta nell'anno 1834
dall'ingegnere del Circondario di Fucecchio e
allegata al progetto di rifacimento della chiesa,
perizia che di seguito riportiamo.
________________________________________________________________________
"Relazione e perizia
dell'ampliamento e restauri da farsi alla chiesa
di S. Lorenzo Martire a Orentano, posta in
Comunità di Fucecchio [sic] redatta per
commissione dell'Imperiale e Real Consiglio
degl'Ingegneri della Toscana.
Titolo 1 - Considerazioni
Generali -
Se si prende ad esaminare lo
stato della popolazione della Parrocchia di S.
Lorenzo a Orentano, la quale ammonta a n._ 1575
individui, e si confronta con l'attuale
dimensione della Chiesa parrocchiale (la quale
non ha che braccia quadre 330 di superficie ...
comprese ... anche le cappellette che
lateralmente si trovano in chiesa in prossimità
dell'area di divisione del coro ...) ,
facile sarà l'accorgersi non essere essa capace
di contenerli rimontando la sua costruzione ad
un epoca in cui la popolazione della medesima
non ammontava che a circa 300 individui. Si
rende quindi necessario l'ampliamento che forma
il soggetto della presente perizia, viste anche
le circostanze della locale posizione di essa
con le chiese viciniori, la distanza dalle quali
da questa che è di circa tre miglia, fa sì che
ne resti l'accesso di sommo incomodo a non poca
parte della popolazione, che per questo appunto
accorre alla Chiesa di Orentano. Non fa quindi
meraviglia se in tempo delle Sacre Funzioni,
specialmente di quelli in cui la nostra
Religione ne ingiunga l'astinenza per obbligo,
si vede il più_ delle volte oltre la porta di
chiesa ed esposte a tutte le intemperie una gran
parte di quei fedeli che vi concorrono. In
conseguenza di che mi sembra indispensabile che
venga provvisto ad un tale rilevantissimo
inconveniente con l'ampliamento del quale passo
a darne la generale descrizione.
"... - Descrizione generale
dei lavori -
Per portare ad effetto
l'ampliamento che vengo di proporre dovrà
demolirsi l'antico cimitero in rovina, che
poggia a sinistra alla chiesa, e con esso la
squadra dei muri fra Ponente e Mezzogiorno con
le due cappelle laterali, e quindi dovrà
ricostruirsi la detta squadra delle seguenti
dimensioni, cioè di braccia 15 .1/2 [m. 9,05]
allungandosi dalla parte d'avanti, e portandosi
a sinistra per braccia 9.33 [m. 5,44] alzandola
braccia 7,75 [m. 4,52] sopra il vecchio muro che
rimane, onde portarla tutta alle dimensioni
seguenti, cioè della lunghezza di braccia 39.1/2
[m. 23,06] esclusa la grossezza dei muri, della
larghezza di braccia 19 [m. 11,09] e così
dell'area di braccia 750.1/2 quadre [mq. 256].
Dovrà esser coperta a
cavalletti della più_ semplice forma, tirati a
due tacca e la di cui cordia ... sia d'abeto,
essendo difficile potere impiegare altro legname
attesa la loro non comune lunghezza, mentre i
puntoni, il monaco ed ogn' altro possono essere
di querce.
Nell'interno della Chiesa
dovranno costruirsi due altari per ciascuna
delle laterali pareti, i quali saranno adesi al
muro, architettati e ornati a stucco. La chiesa
medesima dovrà esser dipinta a semplice
riquadratura; il tetto colorito di colore
uniforme e la facciata ornata a stucchi. Il
pavimento sul quale non cade dubbio che debba
esser rifatto, dovrà essere di quadroni bene
arrotati e squadrati. Dovrà proporzionatamente
alla Chiesa ingrandirsi il coro. Ed il
Battistero, attualmente situato in fondo di
chiesa in una piccola nicchia, dovrà esser
costruito in una celletta a parte, alla metà
circa della parete sinistra. L'orchestra per cui
resta sempre destinato il posto in fondo di
chiesa, sarà ricostruita di maggiori dimensioni.
Il pulpito si restaurerà e posto di contro al
battistero. E finalmente l'impostàmi e serrature
tanto delle porte che delle lunette dovranno
indistintamente rifarsi tutte di nuovo. E questo
è il quadro approssimativo dai lavori da farsi,
dai quali il titolo che segue ne darà la respettiva misura e stima. ...".
Segue il capitolato con le voci
dei lavori; si inizia con le demolizioni.
"... Titolo II - Misura e
stima dei lavori descritti -
Demolizione del muro a
ponente del vecchio cimitero: lunghezza braccia
19,50; altezza 4,33; grossezza 0,50 ....
Demolizione del muro a
tramontana del d._ cimitero: lunghezza braccia
7,25; altezza 5,20; grossezza 0,50 ....
Detta del muro a Mezzogiorno
del cimitero med._ lunghezza braccia 9,75;
altezza 5,58; grossezza 0,50 ...
Demolizione del muro di
facciata della chiesa ..." lung. braccia 11,00;
h.m. braccia 12,62; gross. 1,00
"... - detta del muro di
ponente della Chiesa e coro, compreso quello
della Cappellina ...
- detta dei sodi sopra i
quali è impostato l'arco del coro ...
- Demolizione dell'arco e
muro soprapposto ...
- Detta del muro di tergo
della Cappella a destra ...
- Demolizione della
volterrana della cappella a destra ....
- Demolizione di braccia 476
quadre [162 mq.] di tettoia, compreso i
cavalletti da cui è sostenuta, e ruolo di ponti,
funi, tagli e quant' altro è necessario per la
detta operazione ...
- Demolizione di n. 3 altari
di stucco, conservando le mense e ciò che può
essere atto a rimettersi in opera ...
- Demolizione dell'orchestra
e atterramento di due piccole colonne di pietra
serena che la sostengano ..."
Segue infine la descrizione delle
opere di nuova costruzione. Alla fine la spesa
totale prevista ammonta a lire toscane 16.632,55. La
perizia è corredata di piante, prospetti e sezioni.
________________________________________________________________________
La spesa poi risulterà superiore alla cifra
indicata, anche perchè la nuova chiesa fu realizzata
in gran parte diversa da questo progetto, più_ lunga
del previsto di quasi cinque metri, con un coro
posto dietro l'altar maggiore invece dell'abside
stondato, il fonte battesimale ricavato in una
piccola nicchia in fondo di chiesa anzichè in una
cappella esterna e con l'eliminazione definitiva
delle due cappelline laterali previste in origine a
mo' di transetto. Viene da pensare quindi che il
progetto scelto dalla commissione sia stato
un'altro, di cui purtroppo non disponiamo.
Il risultato finale sarà la bella chiesa che oggi
vediamo, maestosa, in stile neoclassico, uguale, sia
nella facciata che negli interni, ma un po' più_
grande nelle proporzioni, a quella del Castellare di
Pescia. Questa circostanza ci fa ritenere che le due
chiese siano non solo coeve, ma che addirittura che
la mano del progettista sia stata la stessa.
Per la sua costruzione furono reimpiegati anche i
materiali ricavati dalle demolizioni: pietre,
mattoni, soglie e davanzali, tant'è vero che oggi li
vediamo in gran numero distinguersi dalla ordinaria
muratura, specialmente nel muro del corpo scale
dell'organo, dove spiccano numerosi blocchi
squadrati in pietra di Guamo e di Matraia, tipici
dell'edilizia romanica; queste pietre hanno più_ di
mille anni e appartenevano alla chiesa medievale di
Orentano. Molte altre, chissà, sono andate perdute,
forse sottratte assieme ai mattoni dai poderani che,
nonostante il divieto imposto dal Comune, nel XVI
secolo le rubavano per farci le loro case.
Per ottenere i permessi e la copertura
finanziaria dei lavori di rifacimento della chiesa,
la procedura era stata tutto sommato assai breve.
Nel 1832 furono presentate due perizie con relativi
progetti: una a firma di certo Massagli e una a
firma Del Sarto. Una commissione presieduta dal
Granduca a Firenze doveva scegliere fra le due. In
data 29 marzo 1833 viene inviata una lettera della
Commissione Ecclesiastica di Firenze al Vescovo di
San Miniato, dove si comunica l'autorizzazione
granducale al progetto di ingrandimento della Chiesa
di Orentano per una spesa prevista di lire toscane
2.600. Si informa che "... il Granduca, con
benigna risoluzione del 17 marzo, si è degnato
ordinare che sia proceduto all'ingrandimento della
predetta Chiesa ...".
In una successiva lettera del 5 giugno 1833,
sempre della Commissione Ecclesiastica di Firenze,
indirizzata al Vescovo di San Miniato, si comunica
che il Granduca con rescritto del 28 maggio approva
la perizia Vannini (evidentemente un altro
progettista) "... messo ciò che riguarda la volta
del coro, il cornicione e la facciata, quali
articoli appellando a semplice ornato viene rimesso
alla pietà [il contributo] dei fedeli il
mandarli ad esecuzione ...". Si chiedono inoltre
i nomi dei componenti della deputazione per la
sorveglianza ai lavori. La curia di San Miniato
indica i nomi di don Andrea Cristiani, Domenico
Buoncristiani, Gaspero Lazzeri, Frediano Ficini,
Gabbriello Buonaguidi, Federigo Lami e Pietro
Cristiani.
In una terza lettera scritta in data 7 luglio la
Commissione Ecclesiastica di Firenze comunica al
Vescovo l'avvenuta approvazione dell'elenco dei
nominativi proposti per la commissione, cioè dei
"... deputati, e presidente per la direzione dei
lavori di ingrandimento della Chiesa di Orentano, e
per eseguire tutte quelle operazioni , che per
giungere a tale scopo possono rendersi necessarie ...".
Sappiamo che i lavori ebbero inizio cinque anni
dopo; così almeno ci racconta il pievano Giuliano
Buonaguidi in un opuscolo a stampa uscito mezzo
secolo dopo in occasione delle feste di
inaugurazione del campanile.
"Il Paese, che ne' suoi primordi ebbe una scarsa
popolazione, ebbe pure una Chiesa piccola, la quale,
per il numero sempre crescente degli abitanti, fu
demolita nel 1838, e sostituita dalla bella Chiesa
che oggi si ammira. A quel tempo era Pievano di
Orentano il Monto Rev.do Don Valentino Corsi, nato a
San Donato presso Santa Maria a Monte, Dottore in
sacra Teologia e Diritto Canonico, e perciò assai
stimato per la sua dottrina. Questi, mosso dallo
zelo per la casa di Dio, indusse il popolo ad
inalzare sui ruderi del vecchio tempio quello che
adesso vediamo, e che certamente gareggia colle più_
belle Chiese non solo di campagna, ma anche di
alcune Città. In ciò fu coadiuvato dall'egregio
quanto illustre Sacerdote Don Pietro Buoncristiani,
appartenente ad una ricca e religiosa famiglia del
Paese. Terminata la costruzione della nuova Chiesa,
si pensò tosto ad ornarla nel suo interno. Onde fu
in breve arricchita di uno splendido pavimento e di
tre magnifici Altari di Marmo di Carrara ...".
Nelle "Memorie della Chiesa Pievania " il pievano
Buonaguidi aggiunge altre informazioni a proposito
dei lavori e degli esecutori:
"La nuova Chiesa di Orentano è sorta sui ruderi
dell'antica chiesa, la quale era piccolissima e di
nessun valore, tanto per l'arte, quanto per la sua
forma. Questa nuova chiesa fu mossa da' suoi
fondamenti nell'anno 1838; fu diretta da un
ingegnere della città di Lucca, ed ebbe per
promotore il Parroco Dott. Valentino Corsi, nativo
di S. Donato, presso S. Maria a Monte. La
costruzione di essa durò quattro o cinque anni, e
per quanto si sa fu consacrata la prima domenica di
ottobre dell'anno 1854", domenica che cadeva per
appunto il giorno primo di quel mese di ottobre.
Non disponiamo di ulteriori notizie su
festeggiamenti o manifestazioni collaterali
organizzate per celebrare quell'avvenimento.
Negli anni seguenti furono fatti ulteriori
abbellimenti alla chiesa parrocchiale, come ci
racconta ancora il pievano Buonaguidi: "...
Successivamente, e precisamente nell'anno 1858 fu
arricchita dell' organo che uscì dalla rinomata
Fabbrica Agati di Pistoia, e nello stesso anno fu
costruita la bussola maggiore ...", vale a dire
la contro-porta in legno all'ingresso principale,
"... la cantoria dell'organo, il coro e il pulpito
(oggi non più_ esistente). Poi ne vennero gli
altari della Madonna del Rosario, del Sacro Cuore di
Gesù_, e nel frattempo i confessionari. ..." .
Seguì la costruzione del coro in noce, che, sempre a
detta del Pievano, "... per la sua ampiezza e per
la sua forma non isfigurerebbe in una insigne
cattedrale. Queste ultime opere furono costruite sui
disegni del dotto Ingegnere Edoardo Corsi, di felice
memoria.".
Alcuni anni dopo venne commissionata a un
falegname la costruzione delle due bussole laterali
in legno, di cui riportiamo il contratto di appalto
redatto in data 28 novembre 1875.
"... Essendo che la Deputazione incaricata dei
lavori all'abbellimento e maggior decoro della
Chiesa Pievania di S. Lorenzo M. a Orentano,
Comunità di S.Croce sull'Arno e Castelfranco di
Sotto, composto dai Sig.ri Averardo Cristiani,
Giuseppe Buonaguidi, Roberto Buoncristiani, Gaetano
Cristiani, Sabatino Cristiani, Giuseppe Casini,
Raimondo Barghini, Bartolomeo Barghini, Pellegrino
Regoli, Deodato Schiavetti, Giustino Ficini, Santi
Carlini, Gabbriello Ficini e Sacerdote Angiolo
Masoni presidente della medesima, si determinasse a
fare eseguire due bussole alle porte laterali di
essa chiesa, e per ottenere la maggiore economia,
riunito in numero sufficiente la sera del dì 3
Novembre anno corrente, deliberarono di porsi al
privato incanto la fattura delle medesime. ...".
Si aggiudica l'incanto il falegname Ernesto di
Angiolo Ulivieri di San Salvatore, Comunità di Montecarlo per il prezzo di lire 220 l'una e lire
440 nel complesso.
Il disegno delle bussole è del perito Palmazio Buoncristiani, mentre il sacerdote Giuliano di
Giuseppe Buonaguidi (futuro pievano), amministratore
delle offerte per il culto nella chiesa, viene
delegato dal consiglio a controllare l'esecuzione
dei lavori. Il legname scelto è l'"... abeto di
moscovia, prima qualità, del maggior diametro
possibile, tutto pedale e tirato poi a pulimento con
fine levigazione, dandogli in ultimo una mano di
olio e vernice dopo che sia stato consegnato il
lavoro. ...".
La consegna dei lavori viene fissata per il mese
di febbraio del 1876. Seguono patti e condizioni.
Altri interventi di completamento, restauro e
abbellimento interno avvennero una prima volta nel
1903, quando stava per essere ultimata la
costruzione del campanile, come scrisse non senza
retorica il pievano Buonaguidi: "La Chiesa ricca
di stucchi nei Capitelli delle sue colonne, e de'
suoi pilastri, come nel suo splendido Cornicione,
specialmente nella parte superiore dell'abside, fu
rimessa a nuovo nel 1903, ed ebbe colorati a vernice
- imitazione breccia - il suo fregio, i pilastri e
le colonne dai signori Ugolini di Cascina. Lavoro
questo che accrebbe il maestoso tempio di splendore
e bellezza.".
In quell'occasione fu collocata l'iscrizione
sopra l'arco del presbiterio "D.O.M. et D.L.M.",
abbreviazione che significa "Deo Optimo Maximo, et
Divo Laurentio Martyri"; suona dunque come
un'invocazione al Signore e al Santo patrono della
nostra chiesa.
Prosegue ancora il pievano Buonaguidi nelle sue
memorie: "... Nel frattempo che si costruiva la
torre fu restaurata la chiesa, la quale ebbe
colorati in questo momento i pilastri, le colonne, e
il fregio, che prima eran bianchi. Furono nello
stesso tempo costruite le due urne di S. Antonio da
Padova e della Madonna dei Dolori, che costarono 160
lire ciascuna. I restauri si compirono nel 1903; e
vi lavorò Ugolino Ugolini di Cascina, valente
riquadratore.
Il 10 agosto dello stesso anno 1903 fu inaugurata
la restaurazione della Chiesa con l'intervento di
Sua Eccellenza Mons. Donato Velluti-Zati dei Duchi
di San Clemente , Vescovo Eminentissimo di Pescia ,
non essendo potuto intervenirvi il Vescovo di S.
Miniato Mons. Pio Del Corona, attesa la sua malferma
salute. Lo stesso Mons. Velluti-Zati tenne cresima
nella stessa chiesa e prese parte alla solennissima
Processione, che persorse le vie del Paese in mezzo
a un popolo festante e inneggiante al suo patrono S.
Lorenzo Martire, la cui immagine portava con gran
riverenza e devozione sulle proprie spalle. L'amato
presule si trattenne ben tre giorni in Orentano, e
fu ospite graditissimo del Pievano don Giuliano
Buonaguidi. ..." .
LA COSTRUZIONE DEL CAMPANILE
Già dal momento in cui era stata ultimata la
copertura della chiesa, gli orentanesi si erano resi
subito conto che il vecchio campanile risultava
visibilmente inadeguato nelle sue dimensioni,
specialmente se raffrontate con quelle della chiesa;
per cui si pensò presto di costruirne uno nuovo, più_
imponente.
Il racconto del Pievano Buonaguidi, tratto in
parte dalle sue memorie parrocchiali e in parte
dall'opuscolo celebrativo del 1907, è molto chiaro
in proposito.
"Se non che anche il vecchio Campanile, oltrechè
minacciante rovina, non era più_ corrispondente alle
esigenze del popolo, ormai cresciuto a dismisura.
Orentano perciò seguendo le tradizioni religiose de'
suoi maggiori, deliberò di sostituirlo con un altro
Campanile che non solo corrispondesse alle esigenze
del paese, ed armonizzasse colla bellezza della
Chiesa, ma che fosse altresì un monumento dell'arte.
Diversi furono i progetti, che si presentarono
all' uopo, ma fra tutti fu scelto quello, che quindi
fu messo in attuazione, e che rispecchia nella forma
il Campanile di Giotto in Firenze."
La cerimonia della posa della prima pietra, come
vedremo avvenuta nell'ottobre del 1878, "... alla
presenza di numeroso popolo allegro e festante ..."
fu un atto simbolico, inteso come formale inizio dei
lavori. Infatti solo "... nella primavera del
susseguente anno furono gettati i fondamenti della
medesima torre, che hanno 7 metri di profonditàe
oltre 10 di larghezza. I fondamenti riposarono fino
all'anno 1881, nella qual epoca fu messa la base
della stessa torre. ..." .
Continua il racconto del pievano: "... il 20
ottobre del 1878 fu benedetta e collocata la prima
pietra di questa grand'opera del Molto Reverendo Don
Angiolo Masoni, allora Pievano di Orentano, il quale
- sia detto a sua lode - pose ogni premura per
vederla crescere d'anno in anno. Ma la mole era
troppo grande, le spese occorrenti per essa,
immense, sicchè Egli vide l'ultimo dei suoi giorni,
quando la superba Torre giungeva poco più_ che a un
terzo della sua altezza. La morte di quell'ottimo
Parroco accadeva il 10 aprile 1891. Gli successe nel
ministero parrocchiale il Sac. Giuliano Buonaguidi,
nato in Orentano, il quale, seguendo le orme del suo
predecessore, mise ogni studio perchè quest'opera
avesse il suo compimento, e corrisposto
generosamente dal popolo, potè finalmente vederla
condotta a termine il 29 Luglio 1906."
I lavori, come abbiamo visto durarono quasi un
trentennio; il loro avanzamento procedeva lento,
inframmezzato da lunghe interruzioni causate dalla
mancanza di fondi. Gli orentanesi si trovarono così
obbligati a un ulteriore sacrificio finanziario per
vedere ultimata la costruzione della torre, apparsa
in verità troppo ambiziosa per le loro possibilità
economiche.
Per pagare i lavori si fece ricorso a ogni mezzo.
Il 26 giugno 1893 giunge un Decreto di mons.
Annibale Barabesi, vescovo di S.Miniato che "...
Vista l'istanza avanzata dal sacerdote Don Giuliano
Buonaguidi ... colla quale si domanda che per poter
terminare i lavori del Nuovo Campanile ... Valendoci
delle ordinarie nostre facoltà diciamo e decretiamo
di autorizzare ... il Molto Rev.do Sacerd. Don
Giuliano Buonaguidi attuale Pievano di Orentano ...
di far fronte alla beneficienza dei mezzi per
portare a termine la costruzione del Nuovo Campanile
in Orentano a potere devenire alla vendita dei doni
fatti a Maria SS.ma dai fedeli Orentanesi, che
consistono in oggetti di oro e di argento,
eccettuato però quelli che avessero pregio
artistico, e quelli donati da breve tempo e di cui i
donatori sono tuttora viventi. ...".
L'incarico di dirigere i lavori fu affidato al
capomastro Luigi Boni di Borgo a Buggiano, bravo
disegnatore, ma che probabilmente non fu l'autore
del progetto. Di lui è rimasta una lettera
indirizzata al pievano per informarlo che stava
predisponendo un modellino in miniatura del
cornicione. La data del timbro postale è del 5
ottobre 1905: "Molto Reverendo Don Giuliano
Buonaguidi, Pievano a Orentano. Borgo a Buggiano
3.10.05 - Gentilissimo Sig. Pievano, Le rimetto un
lucido della pianta del campanile perchè ella si
compiaccia segnarmici la lunghezza delle facce e
quella dei lati del poligono sugli angoli. Queste
dimensioni mi occorrono per completare il tipo che
lei sa e del quale sarei del parere di farne fare
una certa parte in legno potendo così vedere con più_
sicurezza l'effetto posto in opera e avere nel tempo
stesso la sicurezza di avere un lavoro eseguito a
regola d'arte per parte dell'assuntore, giacchè
questo non dovrebbe che fedelmente fare in pietra
ciò che noi gli daremo in legname. Per avere poi una
maggiore economia sulla opera la consiglierei di
farsi fare anche una offerta dal proprietario della
cava di travertino qui di Monsummano, e mentre per
la qualità e pel colore potrebbe benissimo
accordarsi con quella già impiegata, potremmo avere
una certa economia sul costo. La saluto
distintamente, suo devotissimo Luigi Boni." .
Del direttore dei lavori darà un pacato giudizio
il pievano nelle sue memorie: "Fu direttore
dell'opera certo Luigi Boni di Borgo a Buggiano, ma
gl'ispiratori al progetto della medesima non si
conoscono, essendo essi rimasti nascosti nel cuore
del Direttore medesimo, il quale del resto era
persona assai intelligente, pratica, ma non Maestro
di Architettura. ...".
Terminata la costruzione del campanile "...
rimanevano da provvedersi per questa magnifica Torre
le Campane; e senza indugio vi si pose mente.".
Per fare ciò era necessaria un'ingente quantità di
bronzo, che in un modo o nell'altro fu trovato in
parrocchia. Intanto si pensò di rifondere le vecchie
campane, ma per farlo servivano i permessi delle
autorità, che alla fine furono regolarmente
rilasciati. Il 27 dicembre 1906 giunge al parroco
una lettera dal Municipio di S.Croce sull'Arno, con
la quale lo si informava che "Dall'Ufficio
Regionale per la Conservazione dei Monumenti m'è
pervenuta la nota che letteralmente trascrivo: ´Il
Parroco della Chiesa di S.Lorenzo a Orentano ha
manifestato l'intendimento di rifondere tre campane
di quella chiesa, che egli afferma siano state fuse
respettivamente nel 1727, nel 1805 e nel 1826. Prima
di concedere l'autorizzazione a distruggere quegli
oggetti preme a quest'ufficio di essere assicurato
che le campane portino effettivamente le date
sopraindicate e di aver copia delle memorie,
iscrizioni o segni che sopra di esse siano
impressi.ª Prego pertanto la S.V. a dichiararmi
nella replica quanto viene domandato, come pure di
trascrivermi le dizioni impresse in ciascuna
campana. Il Sindaco". Non abbiamo trovato copia
in parrocchia delle suddette trascrizioni, se mai
furono fatte.
La fusione delle tre nuove campane avvenne il
giorno 27 giugno 1907 a Orentano, dove fu approntata
la fornace e furono preparati gli stampi. Per la
precisione fu " ... ai Colombai in una stanza di
proprietà della famiglia Angeli. Fabbricante di
queste tre campane è stato il sig. Raffaello Magni e
il figlio Luigi di Lucca (S. Concordio). La prima
campana pesa 1295 chilogrammi, la seconda 1000
chilogrammi, e la terza 668 chilogrammi. Il valore
complessivo delle medesime campane è stato di lire
8886: ma compresi gli accessori e certe accidentalità
che di poi si sono sgraziatamente verificate, la
spesa totale è salita a £. 12.877,25. Si nota che in
questa somma sta pure il valore della travatura e
mozzatura di esse campane, eseguita dal falegname
Giorgio Petroni di Montecarlo, e che è ascesa a £.
1100. Le campane sono state trasportate dai Colombai
alla Chiesa parrocchiale sopra ai carri tirati a
braccia dal popolo il giorno 29 giugno." .
A essere sinceri erano stati preparati un paio di
robusti buoi, agghindati a festa per l'occasione con
nastri e coccarde rosse, ma il carro fu trainato
dalla folla lungo la strada del paese in un delirio
frenetico.
Per l'occasione fu rifusa anche "... la
piccola campana che sta sul tetto della chiesa ..."
che "... fu benedetta da me Piev. G. Buonaguidi il
19 giugno 1908 ne fu fonditore Raffaello Magni di
Lucca ed è stata dedicata al SS. Redentore.".
Il 7 luglio in un tripudio di popolo "... sua
Eminenza Reverendissima, il Cardinale Pietro Maffi
Arcivescovo di Pisa e Amministratore Apostolico
della Diocesi di San Miniato, si degnava di venire
in Orentano a consacrare le belle e grandiose tre
Campane ... L'entusiasmo che provò il popolo di
Orentano in questo giorno è impossibile a
descriverlo: tanto fu grande che giunse fino alla
frenesia. La gioia era espressa sul volto di tutti.
Una infinita moltitudine di gente dei paesi
limitrofi era accorsa in Orentano, e si rallegrò con
esso, tripudiò pe' suoi tripudii.".
Il pievano nelle sue memorie aggiunge altri
particolari. "La consacrazione è stata compita
presso la Porta Maggiore di questa Chiesa Plebana e
Sua Em.za era assistito dal Parroco, dal Rev.ssimo
Gesualdo Maccanti, Proposto della Cattedrale di San
Miniato, e dai Rev.ssimi Cesare Frosini e G. Gozzini,
canonici della stessa Cattedrale, nonchè da altro
numerosissimo clero.
Sua Eminenza è stata ricevuta dal clero e dal
popolo con gran festa e la Società Filarmonica del
paese ha salutato con dolci armonie l'arrivo del
Principe di S.R. Chiesa. La funzione ha avuto luogo
circa le ore dieci antemeridiane, ed è stata
preceduta dalla S. Messa celebrata da S. E. che nel
frattempo ha distribuito la SS. Eucarestia a un gran
numero di persone di ambo i sessi.
Alle ore 4 dopo mezzogiorno è stato amministrato
il sacramento della Confermazione [cresima] a
ben 400 fanciulli; dopo di che è stato esposto il
SS. Sacramento; è stato cantato a voce di popolo
l'inno di ringraziamento, e la trina Benedizione
impartita col Santissimo ad uno sterminato numero di
popolo da Sua Eminenza, ha dato termine alla sacra
funzione.
Mai, a memoria di uomo, èstato veduto riunito
presso la chiesa un numero sìgrande di popolo,
accorso da tutti i paesi circonvicini; mai è stata
celebrata una festa piena di gioia e di amore come
la presente. Ma questa gioia è stata troppo breve.
Un giorno solo! e le tenebre son venute a portare il
dolore, il pianto nel cuore e sul ciglio degli occhi
del popolo intero!
La prima campana (la più_ grande) ha principiato a
salire la torre circa le ore 16; alle ore 19 è stata
collocata al suo posto. Dopo questa è salita la
seconda campana, e questa pure alle ore 21 è stata
posata sui travi. Il popolo entusiasmato ha voluto
sentire il primo doppio, sebbene le due campane non
siano definitivamente sistemate. La terza campana è
rimasta a metà della porta della torre, perchè l'ora
tarda non permette una sicura manovra per la sua
salita. La torre è chiusa nel miglior modo
possibile. Tutto il popolo si è allontanato ed è
ritornato pieno di giubilo alle proprie case.
Ma, ohimè! quest'allegrezza fu troppo breve! Il
Signore volle che da tutti si conoscesse che la
gioia quaggiù_ è sempre circondata dal dolore, e che
noi viviamo in una valle di pianto! ...
... Sono le ore 23,30. Sedici o diciassette
fanatici, rimosse le sbarre che chiudevano
l'ingresso, salgono sopra la torre, e danno
principio ad un doppio solenne, movendo
all'impazzata le due campane, senza pensare che
lassù_, fra le tenebre della notte possano accadere
disgrazie. Sulla mezzanotte una campana (la seconda)
è rimossa, non si sa come da' suoi cuscinetti,
precipita sul palco provvisorio, lo rompe e va ad
infrangersi in fondo alla torre trascinando seco due
dei pazzi suonatori, Francesco e Lorenzo Duranti del
fu Costantino, che orribilmente rimasero sfracellati
e informi cadaveri! La campana nel suo passaggio per
la torre ha cozzato contro la scala di pietra e ha
spezzato 39 gradini della medesima. Gli altri
compagni saliti sopra la torre son rimasti in cima a
questa, e solo alla mattina seguente sono stati
calati a terra dai Pompieri di Pescia, che sono
stati chiamati per il caso.
Appena si può immaginare l'immensità del dolore
subito dall'intero popolo per tale infortunio! Non
va detto del parroco, che per le sofferenze subite
si ètrovato in uno stato miserando.".
Sappiamo, per sentito dire dai vecchi, che un
paio di questi giovani rimasti bloccati sul
campanile, per non farsi sorprendere sul luogo della
disgrazia ed essere rimproverati o accusati di
fronte alla giustizia, non vollero attendere
l'intervento dei soccorritori e incuranti del
pericolo e nella concitazione di quel particolare
momento, nell'oscurità più_ totale, nonostante
mancassero numerosi scalini, saltarono giù_ da una
rampa all'altra, riuscendo in tal modo a scendere
dal campanile e a dileguarsi nell'oscurità. Una
leggenda, fiorita poi, narra di una pietra
incastonata nella muratura del campanile che era
rimasta segnata dal sangue dei due fratelli. Dagli
anziani, che rievocavano così la tragedia, veniva
spesso additata ai più_ giovani che salivano timorosi
sul campanile per ammonirli ad avere giudizio nella
vita; in realtà si tratta di una pietra gialla, solo
in parte arrossata, ma per sua composizione
naturale, dovuto forse al suo contenuto di ossido di
ferro.
Gli orentanesi, nei giorni seguenti, "oppressi
dal dolore, ma non vinti", riattivarono un
passaggio provvisorio sulla scala per accedere alla
torre. Termina il racconto del pievano: "E' stata
rifusa la campana spezzata per la caduta. Il
fonditore è stato lo stesso Sig. Raffaello Magni che
l'ha costruita nella sua fabbrica a S. Concordio,
presso Lucca.
Questa campana (ripetesi) pesa 1000 chilogrammi,
è stata benedetta dal Pievano Giuliano Buonaguidi il
dì 24 agosto 1907 dietro autorizzazione dell'
Em.ssimo Cardinale Pietro Maffi.
Il giorno 8 settembre sono state inaugurate le
tre campane e in tal circostanza si è celebrata la
festa di S. Lorenzo a cui è dedicata la torre."
. Una nota rammenta che "... la seconda campana
rifusa dal Magni, non riuscì troppo perfetta nella
forma; onde gli Orentanesi ne vollero immediatamente
una terza fusione. Così le feste, che dovevano
coincidere con San Lorenzo, furono rimandate al
Settembre." .
GLI INTERVENTI DI MODIFICA DELLA CHIESA NEL XX
SECOLO
Ben altri lutti si preparavano col nuovo secolo.
Passato il fronte di guerra, che aveva visto
Orentano subire l'occupazione tedesca durata ben
sette mesi, partiti gli Americani che il 2 settembre
1944 avevano liberato il paese sotto un fuoco di
sbarramento nemico, alla fine si contarono i danni,
oltre ai morti che, per cause belliche, nella nostra
parrocchia furono in numero di sette. La chiesa
aveva avuto il tetto scoperchiato in parte da una
cannonata tedesca, sparata proprio quel 2 settembre;
le macerie ingombrarono a lungo la navata, e pure il
pavimento rimase danneggiato. L'arciprete don
Ferdinando Giovannetti fu costretto a officiare per
alcuni mesi nella cappella del cimitero. Alla fine
però la chiesa venne riparata. Il segno di una
scheggia di proiettile sulla facciata sud della
chiesa, che era visibile poco sotto i finestroni,
rimase ancora a lungo; infatti è stato riparato solo
di recente.
Un altro grosso intervento di restauro della
chiesa fu eseguito un secolo dopo la sua costruzione
dall'arciprete don Livio Costagli; riguardò ancora
una volta il tetto, ma più_ che altro gli stucchi,
gli intonaci e l'impianto elettrico che fu rifatto
con linee sottotraccia.
I lavori iniziarono il 22 settembre del 1958,
come lasciò scritto l'arciprete in alcuni suoi
appunti di memorie. Si cominciò dal tetto,
sostituendo i vecchi embrici e i tegoli toscani con
nuovi embrici marsigliesi. I restauri della
copertura, realizzati dalla ditta Ruglioni Alfredo,
furono completati nel mese di ottobre successivo.
I lavori interni, invece, cominciarono nella
primavera del 1959 e le funzioni religiose furono
spostate nella cappella del neo-costruito asilo
infantile, almeno fino all'agosto successivo,
allorchè la chiesa venne riconsegnata ai fedeli
proprio in occasione delle feste patronali di San
Lorenzo.
Questa la memoria lasciataci per l'occasione
dall'arciprete: "4 maggio 1959. Oggi sono
iniziati i lavori di restauro alla Chiesa
Arcipretura di Orentano. La chiesa è stata sgombrata
di tutto quello che si poteva rimuovere ed è stata
chiusa al culto. Il SS. Sacramento è stato portato
nel salone superiore dell' Asilo, dove si faranno
tutte le funzioni sacre in questo periodo, tranne le
associazioni e gli uffici funebri.
L'appalto dei lavori messi in gara, è stato
affidato alla ditta del Cavaliere Tuci Azeglio di
Pistoia.".
Dal capitolato di appalto, redatto in data 1°
maggio 1959, risulta che fu affidata alla ditta del Tuci, pittore, decoratore e restauratore, "...
l'esecuzione di tutte le opere e provviste
necessarie alla pulitura, rifrescatura, lucidatura,
verniciatura e restauro della chiesa Arcipretale di
Orentano. In particolare formano oggetto
dell'appalto: tinteggiatura a bianco di calce con
tonalità di colori appropriati, compresa anche la
Sacrestia; pilastri, colonne, fasce di ricorso e
trabeazione; lavatura e pulitura con ripresa di macchiatura e lucidatura delle stesse. Altari:
accurata ripulitura di tutte le parti in pietra ed
in marmo con rifacimento a tinta a olio appropriate
delle loro parti mancanti o deteriorate. Cantoria e
organo: sistemazione delle stesse con tonalità di
colori appropriati. Confessionali e coro: accurata
verniciatura e nuova pulitura; panche: ad esse sarà
usato il solito trattamento .... Dipinti e statue
dei santi: pulitura e restauro. Sono esclusi
dall'appalto i lavori di muratore per la spicconatura e la ripresa degli intonaci, tracce,
ecc. per le quali sarà provveduto in economia. ...
Il prezzo dell'accollo è stato concordemente
stabilito il lire 280.000 ...".
Alla conclusione dei lavori don Costagli scrive
con compiacimento: "8 agosto 1959. Inaugurazione
della chiesa restaurata. Dopo un intenso e febbrile
lavoro di elettricisti, muratori, imbianchini,
pittori, falegnami, fabbri, marmisti .... durato tre
mesi e terminato in mattinata di oggi 8 agosto,
l'interno della chiesa, sacrestia, ingressi, è stato
tutto rinnovato.
Alle ore 21,30 fra canti, suono di campane e
grande tripudio di tutto un popolo osannante è stato
riportato il SS. Sacramento dall'Asilo nella bella
Chiesa arricchita di marmi, di luci, splendida nei
suoi bei colori. Dopo la rituale benedizione
l'Arciprete esortava il popolo a ringraziare Dio, la
Madonna, S. Lorenzo dell'ambita grazia concessa. La
gratitudine e la gioia di tutti i numerosi presenti
sfociata nel canto a voce di popolo del solenne Te Deum! ...".
E' stato in occasione di questi lavori che in
chiesa fu eliminato il pulpito del predicatore posto
sopra la porta laterale destra, al quale si accedeva
tramite la cappellania posta sopra la sacrestia.
Un'altra modifica, per quale non cesseremo mai di
dolerci, fu la sostituzione dei vecchi lampadari di
cristallo, cambiati con altri più_ moderni, ma di
minor pregio.
Un quadro più_ esauriente delle dimensioni
dell'intervento ci viene da un ritaglio di giornale
dell'epoca (non sappiamo di quale testata)
ritagliato dall'arciprete e conservato in archivio
parrocchiale assieme al resto della documentazione.
"Orentano - I restauri della Chiesa Arcipretura -
La chiesa di Orentano, iniziata nel 1838, e
consacrata nel 1854, era stata restaurata nel 1903.
benchè riparata via via che occorreva, come dopo il
passaggio dell'ultima guerra, aveva bisogno di una
revisione generale, che presa in serio esame dal
sig. Arciprete col consiglio parrocchiale si decise
l'anno scorso in settembre di dare inizio ai lavori.
Si cominciò dal tetto, che fu scoperchiato tutto,
sostituendo buona parte del legname, e mettendo al
posto dei tegoli e embrici toscani, embrici
marsigliesi con una spesa di oltre 700.000 lire. Nel
maggio u.s. furono iniziati i lavori nell'interno,
col nuovo e moderno impianto elettrico, sotto
traccia per l'illuminazione e l'altoparlante con un
quadro in sacrestia per i vari comandi.
Seguì la stonacatura e l'intonacatura delle parti
lese, il rivestimento in marmo bardiglio e bianco di
Carrara dei basamenti delle colonne, il battiscopa
in travertino, come pure il rivestimento del Fonte
battesimale.
Sono stati tolti gli otto finestroni in legno e
sostituiti con dei nuovi telai in ferro e vetri
termolux; riparate le panche e aggiunte altre dieci
nuove, verniciate le porte, il coro, i
confessionali, illuminate al neon le urne dei santi,
come pure la Via Crucis, anch'essa nuova in
terracotta patinata avorio fondo oro. Aggiustate le
due porte laterali, riparato il pavimento
sostituendo le marmette rovinate e levigandone
l'intera superficie. Sei lampadari, 12 appliques, 6
tubi fluorescenti, 2 riflettori, 6 bracciali formano
il complesso di illuminazione.
Demolizione di parte della cappellania,
risanamento della sacrestia con soffitto in cemento
armato, rinnovato l'ingresso laterale della chiesa
con pavimento e soffitto nuovi, come pure sono stati
fatti i pavimenti nella stanza della confessione
degli uomini e in quella sopra alla sacrestia, a cui
si accede per le nuove scale costruite nella vecchia
cereria. I lavori sono stati seguiti da varie ditte
locali e principalmente dalla ditta del sig. Azeglio
Tuci di Pistoia.".
Nella primavera-estate del 1972, poi, con
l'arciprete don Gino Frediani, fu eseguito il
rialzamento del primo piano dei locali della
sacrestia e dell'ex cappellania, dove c'erano tre o
quattro stanzette, disposte a piani sfalsati,
raggiungibili mediante una scala un po' traballante.
Dopo l'apertura del nuovo edificio scolastico di
Orentano, avvenuta nell'ottobre del 1958, erano
state arredate con i banchi in legno dismessi dalla
vecchia scuola. In queste stanze negli anni
Cinquanta e Sessanta si tenevano le lezioni di
catechismo e i locali servivano anche da spogliatoio
per le partite di calcio e da sede del gruppo
sportivo orentanese.
Rifatta la copertura, la scala in muratura e il
solaio, furono realizzati al piano terra la centrale
termica, e al primo piano i servizi igienici e la
sala parrocchiale, che fu inaugurata il 1° dicembre
dello stesso anno. Per l'occasione fu recuperata
sotto l'intonaco l'antica meridiana solare che porta
ancora impressa la data MDCCCXIV (1814). Ciò
conferma la sopravvivenza di questa parte di
fabbricati alle demolizioni dell'anno 1838.
Sempre nel 1972 fu avviato uno studio
preparatorio con l'incarico di ideare una nuova
sistemazione interna della chiesa per adeguarla alle
norme liturgiche introdotte a seguito del Concilio
Ecumenico Vaticano Secondo. Il progetto venne
commissionato all'architetto romano, ma orentanese
di origine, Agostino Ficini.
Ottenuto non senza difficoltà il parere della
Soprintendenza ai Monumenti di Pisa, nell'estate del
1973 ebbe inizio una prima fase dei lavori. Il
progetto iniziale, però, dovette essere modificato a
seguito dei suggerimenti proposti dalla
Soprintendenza che aveva respinto l'idea di
eliminare gli altari in marmo, imponendo bensì il
loro mantenimento, anche se in forma ridimensionata.
L'iniziativa di don Frediani tuttavia fu
avversata duramente in paese da frange di
conservatori che mal digerivano l'idea di quel
radicale cambiamento, non solo di natura
architettonica, con cui si vedeva stravolto un
ordinamento in chiesa e una tradizione ormai
consolidati. Si arrivò perfino a una raccolta di
firme per osteggiare il progetto di rifacimento del
presbiterio.
Fu così che nell'aprile del 1974, per cercare
adesioni al progetto e per sgombrare il campo dalle
polemiche, l'arciprete, tramite il consiglio
pastorale, fece indire un referendum tra i
parrocchiani, col quale alla fine riuscì ad ottenere
l'approvazione ai lavori, anche se una minoranza
consistente di votanti si dichiararono espressamente
per il no.
I lavori poterono così proseguire. In pratica fu
smontato e arretrato di alcuni metri l'altar
maggiore, con l'inevitabile eliminazione del
retrostante coro in legno di noce pregiato che andò
quasi completamente disperso (del coro rimasero solo
alcuni seggi, che sono stati disposti ai due lati
del presbiterio e il leggio, che fu collocato al
centro della sacrestia). In precedenza erano stati
ridotti in profondità i due altari laterali a
beneficio dello spazio per le panche; fu eliminata
anche l'elegante balaustra di marmo che divideva la
navata dal presbiterio e al centro di questo fu
collocato il nuovo altare, semplice e di fattura
moderna, dove ora il sacerdote può celebrare la
messa senza più_ dover volgere le spalle ai fedeli.
Così l'altar maggiore con il suo tabernacolo, oltre
alla funzione di conservazione del SS. Sacramento, è
venuto ad assumere una funzione puramente
scenografica. I lavori terminarono all'inizio del
1975 e nel mese di marzo fu consacrato il nuovo
altare.
Un'altra modifica venuta a seguito delle
innovazioni conciliari fu l'introduzione del nuovo
fonte battesimale, collocato nel presbiterio a lato
dell'altare. Quello vecchio in fondo di chiesa è
stato così dismesso e nella nicchia è stata posta
una statua della Madonna.
Se si escludono periodici interventi di
manutenzione e di adeguamento tecnologico degli
impianti, che sono stati fatti ultimamente nella
nostra chiesa, non vi sono stati poi altri lavori
che abbiano interessato in maniera significativa le
sue componenti architettoniche e strutturali. |
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